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Podcast Gente Che Ci Crede - Ep.23 | Ascoltare i giovani per rispondere alle domande del futuro
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Incontrare il futuro prendersi cura delle nuove generazioni per imparare a leggere il mondo
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Stimolato da più eventi provenienti da diverse direzioni, non ultimi i fatti di cronaca, come pure ciò che imparo dall’osservatorio privilegiato da cui guardo e vivo il mondo, la scuola, ho sentito necessario orientare lo sguardo al profondo disagio che con diverse modalità si manifesta con sempre maggior veemenza nell’arco di tempo di vita che a giusta ragione è considerato per eccellenza il tempo della formazione.
Forma-azione, termine che racchiude in sé l’importante binomio, l’involucro all’interno del quale si calano i contenuti programmatici, i curricula, il cosa. Ma quante sono le cose che debbono imparare i bambini, i ragazzi, i giovani nei loro primi 20 anni di vita? Tempo addietro una ragazza di 14 anni, terminate le ‘medie’ alla fine degli anni ‘90 mi pose una domanda che mi fece riflettere... Maestro, ma mio fratello piccolo, in Storia, deve imparare tutto ciò che ho imparato io più tutto quello che succederà ancora? E se dovessi io avere dei figli, a loro volta… Come faranno? ‘Combinazione’ negli stessi anni questo tema fu preso in esame dalla Commissione Europea dell’UNESCO voluta da Jacques Delors.
Nel rapporto redatto (Nell’educazione un tesoro – Armando Editore) questa fu una delle numerose tensioni da superare emerse dall’analisi: ‘La tensione tra la crescita straordinaria delle conoscenze e la capacità degli esseri umani di assimilarle’. Questa sincronia di eventi mi confermò 2 cose; che quando una domanda è gravida, è nell’aria, i giovani la catturano per primi (anche perché ne sono implicati in prima persona) e poi di conseguenza, l’importanza di dare peso alle domande che i giovani ci portano incontro, specialmente quando sono scomode. Ovviamente il fenomeno non riguarda solo l’insegnamento della Storia, ma di tutte le discipline, sia le umanistiche e le letterarie che scientifiche e perfino artistiche. Per questo forse, nel corso degli ultimi anni (1999) si è transitati dai ‘Programmi’ alle ‘Indicazioni nazionali’, divenendo il documento di riferimento per l’elaborazione del curricolo, una via di possibile sviluppo dell’Autonomia scolastica. Tutto questo però ha sortito solo in piccola parte l’effetto atteso. Di fatto, per chi vuole osservare più da vicino, tranne rari ed encomiabili casi, i bambini, i ragazzi sono caricati di una gran quantità di compiti a casa.
Sembra che a scuola non ci sia tempo da perdere perciò il rischio per chi rimane ‘indietro’, non solo consiste nel non appropriarsi dei contenuti necessari al divenire uomini, ma di cominciare a coltivare nel profondo dell’animo una sorta di inadeguatezza a tutto tondo. Una ulteriore considerazione tratta dalla vita, consiste nel fatto che quando bisogna rimpinzare una ‘valigia’ con troppe cose, entra in gioco la dimensione temporale. Il tutto deve di conseguenza venir accelerato, dando vita al secondo fenomeno, del troppo velocemente, tanto da togliere il respiro, epicentro fondamentale dell’equilibrio interiore. E se questo lo impone lo spirito del tempo per tutti gli esseri umani, a prescindere dall’età, è altrettanto vero che più ci si rivolge ai piccoli, tanto più c’è bisogno di protezione.
Se il loro IO potesse parlare certamente chiederebbe: ‘Lasciatemi vivere una sana infanzia e giovinezza per poter affrontare con il giusto respiro ed entusiasmo ciò che in futuro mi aspetta.’ Per chi vuole leggere, seppur un linguaggio poco decifrabile ai più, è possibile. Di tutta una serie di disagi che sfociano in diagnosi cliniche che muove poi una schiera di nuove competenze in ambito scolastico quali, logopedisti, psicomotricisti, psicopedagogisti, psicologi ecc., gran parte della loro genesi la si trova nel Troppe cose, Troppo velocemente. Fino a qualche decennio fa, superati i primi anni di vita con i disturbi dell’età, quali malattie esantematiche ed altre fragilità, giungeva poi l’epoca della salute, certamente tutto il periodo scolastico di base. Non è più così; oggi la necessità di sostegno medico ci dice molto, forse vuole risvegliare nell’insegnante il sentimento che c’è bisogno di divenire sempre più educatori attenti, oltre ad usare forze vitali per imparare, le usano anche per crescere!!
In questa cornice se da una parte non è efficace affrontare i temi spinosi in chiave di critica o di denuncia, bensì con atteggiamento propositivi, fattivo, risulterebbe insensato muovere critiche all’operato di docenti di ogni ordine e grado, per altro spesso aggravati da ulteriori impegni di carattere burocratico, e che per primi si rendono conto che le atmosfere che si vengono a creare in classe raramente sono idonee a svolgere con passione ed entusiasmo il compito assunto, dall’altra non si dovrebbe rinunciare a porre queste grandi domande nelle occasioni in cui questo si rende possibile e se non ve ne sono, forse crearne; prime fra tutte con i due versanti in cui si trova l’educatore, le istituzioni verso le quali ci si è messi al servizio insieme al mondo genitoriale. Non è facile, ma certamente necessario.