
Pian Cansiglio: il Giardino Botanico compie 30 anni

5-6 APRILE 2025 | Un grido dall'Amazzonia 2^ edizione

Situato al confine tra le province di Belluno, Pordenone e Treviso, l’Altopiano del Cansiglio è un territorio di fondamentale importanza per lo studio dei nostri più antichi antenati.
Qui, durante il Paleolitico (oltre 11.500 anni fa) e il Mesolitico (11.500-6.500 anni fa), vivevano gruppi di cacciatori-raccoglitori-pescatori nomadi o semi-nomadi, che si spostavano periodicamente all’interno di un territorio più o meno ampio, senza praticare né l’agricoltura né l’allevamento: la loro economia era infatti basata sulla caccia e, in generale, sulla raccolta delle risorse offerte dall’ambiente circostante.
Non ci hanno lasciato documenti scritti: l’unico modo per provare a ricostruire la loro storia è attraverso l’archeologia.
Le ricerche archeologiche in Cansiglio sono iniziate nel 1993 a opera dell’Università degli Studi di Ferrara: nell’arco di circa una quindicina di anni sono stati individuati e scavati cinque siti archeologici all’aperto riferibili alla fine del Paleolitico e al Mesolitico, in cui sono stati portati alla luce migliaia di reperti in pietra scheggiata (selce).
Tra questi, spiccano numerosi strumenti utilizzati per la caccia, come piccole punte di freccia di forma geometrica, oltre a oggetti per la lavorazione delle carni e la concia delle pelli: ritrovamenti che ci indicano chiaramente come la caccia fosse l’occupazione principale dei gruppi umani che frequentavano quest’area.
Nel 2017, dopo oltre dieci anni di interruzione, con la ripresa delle ricerche preistoriche, gli archeologi dell’Università di Ferrara si sono concentrati su un grande riparo in una dolina di crollo, chiamato Landro, all’interno della Riserva Naturale Orientata Pian di Landro - Baldassare.
Nonostante l’assenza di reperti in superficie, un sondaggio esplorativo ha rivelato la presenza di numerosi strati archeologici sepolti, rendendo il Landro il primo sito archeologico pluristratigrafico del Cansiglio.
Ma la sua unicità non si limita a questo: oltre ai manufatti in pietra scheggiata, si sono conservati anche i resti ossei degli animali cacciati nel Paleolitico.
Questo apre nuove prospettive: attualmente, le specie individuate comprendono animali di alta quota, come la marmotta, forestali come il cervo, carnivori come il lupo e l’orso, e persino animali insoliti per il Cansiglio odierno, come l’alce.
La dieta dei cacciatori-raccoglitori del Landro non si basava però solo sulla carne: il lavaggio del sedimento ha permesso il recupero di carboni e resti carpologici carbonizzati (semi, frutti), che testimoniano la raccolta di erbe e frutti spontanei a scopo alimentare.
Dal 2018 gli scavi hanno interessato un’area di circa 60 m², portando alla luce una stratigrafia complessa, composta da circa cinquanta Unità Stratigrafiche.
I livelli più antichi, datati a quasi 16.000 anni fa, testimoniano la prima occupazione del sito.
Una scoperta sorprendente, considerando i 1060 m s.l.m. e il clima molto più freddo dell’epoca, simile a quello delle praterie alpine odierne sopra i 2000 m.
Il Landro rappresenta una delle più antiche testimonianze di rioccupazione delle Alpi dopo l’Ultimo Massimo Glaciale (terminato circa 19.000 anni fa), e la più antica in quota.
Sembra aver vissuto due grandi fasi di intensa frequentazione:
La prima, tra i 16.000 e i 14.500 anni fa, con superfici create artificialmente per ottenere pavimentazioni in terra regolari. Questi strati sono ricchi di sostanza organica e carbone, segno di ripetute occupazioni.
La seconda, tra circa 12.000 e 11.500 anni fa, con un uso del sito come bivacco durante le battute di caccia.
Il lavoro sul campo ha permesso di raccogliere centinaia di migliaia di reperti, tra cui: manufatti in selce scheggiata, resti ossei, conchiglie marine forate, carboni, semi e frutti carbonizzati, percussori litici, frammenti d’ocra, ossa di piccoli roditori e pipistrelli.
Tutti questi materiali sono attualmente oggetto di studio nell’ambito di un progetto multidisciplinare che coinvolge istituti di ricerca italiani e stranieri.
Le analisi di laboratorio permetteranno a questi reperti di raccontarci la storia dei gruppi umani che li hanno prodotti: popolazioni preistoriche ma non primitive, dotate di una tecnologia avanzata ed efficiente, e di una struttura economica e sociale articolata, fondata su un equilibrio con l’ambiente, segnato – come oggi – da rapidi cambiamenti climatici.
Dopo tutti questi millenni, i nostri antenati hanno ancora molto da insegnarci.