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Spreco alimentare e ambiente

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Dalla partnership con Too Good To Go al lancio del nuovo progetto Così per Natura in collaborazione con Legambiente. NaturaSì rinnova l’impegno nella lotta allo spreco alimentare che si genera lungo tutta la filiera e non risparmia nemmeno i costi ambientali. 

Come è ormai purtroppo noto, lo spreco alimentare riguarda ogni anno oltre un terzo del cibo prodotto nel nostro Pianeta, pari a circa 1,3 miliardi di tonnellate. Esso avviene lungo tutta la filiera, dal produttore al consumatore, con vari momenti di inefficienza e appunto di spreco dovuto a varie carenze (produttive, gestionali, distributive), a perversi aspetti economici e di mercato, ma anche a superficialità e a mancanza di una vera cultura di rispetto nei confronti del cibo, di chi lo produce ma in fin dei conti anche di chi lo consuma. Innanzitutto, lo spreco alimentare “domestico”, quello che viene buttato prima di essere consumato, è una peculiarità dei Paesi più ricchi, “sviluppati”; a causa di un eccesso di risorse, di una loro fin troppo facile reperibilità, oltre che per fenomeni quali l’urbanizzazione delle popolazioni e un costume votato al consumo. Nelle Nazioni in via di sviluppo, invece, lo spreco alimentare domestico è quasi nullo, mentre si riscontrano perdite maggiori durante le fasi intermedie di produzione, conservazione e distribuzione degli alimenti.

 

Too Good To Go

Con 86 punti vendita affiliati in tutta Italia, NaturaSì è stata tra le prime realtà ad aderire a Too Good To Go, già nella primavera 2019. Molto più di una semplice App, Too Good To Go ha dato vita a un autentico movimento che si sposa perfettamente con i nostri valori. Nei negozi aderenti, infatti, è possibile contribuire alla diffusione di un’etica antispreco, acquistando Magic Box che contengono prodotti vicini alla scadenza, ma ancora troppo buoni per essere buttati! Al 2021 sono 67.000 le box vendute nei nostri negozi, con un risparmio stimato di 167.500 kg di CO2, e di circa un kg di prodotto per box. “Il cibo non va mai buttato» afferma Fabio Brescacin, Presidente di EcorNaturaSì «La lotta allo spreco deve trasformarsi in un valore culturale e commerciale trasversale per tutti gli attori coinvolti».

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Così per Natura

L’impegno di NaturaSì contro lo spreco alimentare è un impegno concreto, a partire dal campo. Lo testimonia il progetto cosìpernatura, nato per esaltare la diversità stessa insita nella Natura, offrendo la possibilità di acquistare prodotti agricoli “con le stesse caratteristiche nutrizionali degli altri, solo un po’ più piccoli, o un po’ più grandi, o con qualche imperfezione esteriore che non ne limita le qualità organolettiche”. Ortofrutta che altrimenti verrebbe scartata, senza essere nemmeno raccolta, determinando così un ulteriore spreco di cibo.

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I numeri dello spreco

In Europa lo spreco alimentare, secondo il Barilla Center for Food and Nutrition, ammonta a 89 milioni di tonnellate l’anno, cioè 180 kg a testa per ogni cittadino del vecchio continente. Quello che però è forse meno noto ai più è il fatto che tale spreco di alimenti, comunque prodotti, si traduce anche in una serie di ricadute negative sull’ambiente. Infatti, non vi è solo la perdita delle risorse usate per produrre questo cibo (terra e biodiversità naturale, acqua, energia), ma anche delle emissioni collegate alla sua trasformazione e distribuzione, prima fra tutte la CO2. La FAO stima che lo spreco alimentare mondiale produca emissioni di gas serra annue pari a circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Se valutassimo quindi lo spreco alimentare come una nazione, si collocherebbe al terzo posto nella graduatoria dei maggiori produttori di emissioni, dopo USA e Cina. Addirittura, si valuta che questo fenomeno sia responsabile di quasi l’8% delle emissioni di CO2 e che con ogni pasto non consumato si producano 2,5 kg di CO2.

 

Costi economici e costi ambientali

Gli effetti negativi non si esauriscono purtroppo alle emissioni. Esistono anche ulteriori costi economici ed ambientali per raccogliere questi scarti alimentari e smaltirli correttamente. La situazione peggiora ulteriormente quando il rifiuto viene disperso nell’ambiente in modo incontrollato (come ad esempio la plastica d’imballaggio degli alimenti non consumati). Questi rifiuti “indiretti” determinano un ulteriore impatto ambientale con fenomeni di accumulo e ridondanza, spesso difficilmente valutabili. Diventa quindi comprensibile l’evidenza di uno studio del Politecnico Federale di Zurigo (Ethz): più una derrata alimentare viene buttata “a valle nella catena di produzione e commercializzazione”, maggiore è l’inquinamento ambientale che questa genera in termini di risorse ed emissioni, dovendo conteggiare trasporto, trasformazione, imballaggio e stoccaggio. Questi dati dimostrano la gravità della situazione e, si veda la Svizzera (e purtroppo anche gran parte dei paesi “sviluppati”), come oltre la metà dell’impatto ambientale dovuto allo spreco di cibo sia causato dalle economie domestiche e dalla gastronomia (52%).Il 27% deriva invece dall’industria di trasformazione e solo l’8% dal commercio. La produzione agroalimentare, a monte della catena, genera il 13% dell’inquinamento ambientale in senso lato, con ovvie influenze anche sui cambiamenti climatici. Sempre secondo gli esperti dell’Ethz, infatti, non gettare gli alimenti ancora commestibili consentirebbe di evitare l’emissione di circa 500 kg di CO2 pro capite all’anno.

 

La situazione italiana

Anche a livello italiano la questione dello spreco alimentare è ormai da tempo uno degli argomenti principali sul tema della sostenibilità. Purtroppo, che il 50% dello spreco alimentare sia da attribuirsi a cause domestiche ci viene confermato dall’osservatorio di Last Minute Market. Per questa ragione si stanno impegnando sul piano normativo e di controllo il Ministero dell’Ambiente e in particolare la Direzione per i Rifiuti e l’inquinamento. Il loro impegno ha portato alla definizione di un Piano Nazionale di Prevenzione degli Sprechi Alimentari (PINPAS), attività ora confluita nel Comitato Tecnico Scientifico per l’implementazione del Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, istituito con Decreto Ministeriale (DM) 8 luglio 2014, n.185 e rinnovato con DM 27 giugno 2017, n.168. Va citata inoltre la legge “antisprechi” 166/2016, che attraverso l’iniziativa della onorevole Gadda rende molto più semplice, chiara e conveniente la donazione di eccedenze (non solo alimentari) a soggetti del terzo settore. Queste iniziative però sono solo l’inizio. Urge a livello globale una strategia concreta di riduzione dello spreco alimentare, che possa incidere a tutti i livelli. Una strategia che si collochi sia ad un alto livello, comunitario e nazionale, ma anche dal basso, incidendo sui consumi familiari e su quelli delle comunità locali, con azioni conseguenti che si possano attuare in tal senso. Agire è necessario, ed è sottolineato anche dal secondo obiettivo (Goal 2) dell’Agenda Onu 2030. La sconfitta definitiva della fame nel mondo e il primo passo verso la sua realizzazione è cambiare le nostre abitudini alimentari. Ridurre gli sprechi, ma anche condizionare il mercato attraverso le nostre scelte, verso una filiera del cibo più sobria, efficiente e giusta, e sempre meno impattante verso l’ambiente.

Dati FAO - Food and Agriculture Organization, ovvero l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di combattere la fame nel mondo.

La CO2 equivalente (CO2e) è una misura che esprime l’impatto sul riscaldamento globale di una certa quantità di gas serra rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica (CO2). 

Fonte Campagna Too Good To Go