Nel suo libro autobiografico, Il sale della vita, pubblicato nel 2015, Leemann racconta i motivi che nel corso della sua vita l’hanno portato ad abbracciare la dieta vegetariana, da vero antesignano, già nei primi anni 80. “Erano i tempi dei primi negozi biologici, il vegetarianesimo nemmeno si concepiva” - racconta – “ Dopo aver lavorato ed essermi formato in alcuni dei migliori ristoranti d’Europa, sentivo che non mi bastava. Ho iniziato un percorso di studio; un'esplorazione di concetti e luoghi, come l’Oriente in cui sono andato a vivere, approfondendo la dietetica cinese, e dedicandomi al contempo allo studio dell’Ayurveda e dell’antroposofia di Rudolf Steiner. Queste le tre scuole di pensiero a cui mi ispiro”. Il suo amore per la natura, però, ha origini ancora più lontane, nell’infanzia trascorsa nell’orto dei genitori, che descrive come “primo luogo dei miei giochi, fantastici e immersi nel verde”. L’approccio di Leemann alla cucina si avvicina alla filosofia, ne è il fulcro la profonda relazione tra corpo, mente e spirito. Una visione olistica in cui ciò che mangiamo è anche ciò che siamo, in un continuo scambio vitale.
Un ruolo centrale nella concezione del cibo è, per Leemann, la trasformazione, perché è anche questo che il cibo fa: trasforma e rende possibile un’evoluzione spirituale, indispensabile per il cammino dell’essere umano. “La nostra vita, inoltre, è fatta di relazioni: verso noi stessi, verso i nostri simili, con il mondo animale, relazioni che poi si allargano, fino ad arrivare alla relazione che è la somma di tutte quelle che possiamo instaurare: quella con il mondo trascendente. Il nostro giardino interiore fiorisce anche, e soprattutto, se ci alimentiamo ricercando alimenti che siano nutrimento per il fisico, l’anima e la psiche, in un equilibrio che va costantemente mantenuto e curato”.
È nell’ottica della continua ricerca culinaria rispettosa della natura e di tutte le creature che la abitano, che Pietro Leemann collabora attivamente con l’azienda agricola San Michele (VE) de Le terre di Ecor, in un progetto di valorizzazione dei formaggi prodotti nel caseificio aziendale con il latte fieno STG biodinamico. La prima fase di questa collaborazione prevede una rivisitazione dei due formaggi tradizionali a marchio San Michele – Le Terre di Ecor; il latteria (stagionato 30, o 60 giorni) e la caciotta, per fare emergere al massimo tutte le proprietà organolettiche del latte, prestando attenzione all’equilibrio della cagliatura, degli enzimi, e dei microrganismi aggiunti in fase di produzione. In un secondo momento l’obiettivo sarà quello di lavorare il latte crudo e mettere a punto un formaggio più stagionato e dal sapore intenso.
“Quando un allevamento è a latte fieno, il bovino non è forzato a fare qualcosa di diverso per ciò che è nato, ovvero ruminare. Non vi è l’imposizione umana che ha il fine di ottenere una determinata resa” - racconta Leemann - “San Michele mi ha colpito proprio per questo: per l’estrema attenzione, per come tutto, nell’allevamento, sia pensato per rispettare al massimo le caratteristiche dei bovini”. “Il fieno destinato all’allevamento, inoltre, ha un valore aggiunto perché proviene da un ecosistema che è espressione della ricchezza del territorio in cui si trova. Il fatto miracoloso, che ho osservato in prima persona, è proprio che nel momento in cui si ripristina un equilibrio, ricompaiono api, farfalle, pipistrelli; un ritorno che ha qualcosa di mistico. Alla San Michele i ritmi animali non vengono dominati dall’uomo, così come quelli delle colture; il rispetto per il ciclo delle stagioni, per i processi vitali, si riflette in prodotti caratterizzati da un’energia che è il risultato di una gestione globale etica, empatica e di qualità”.