Interrogativi che ci poniamo ogni volta che acquistiamo un alimento e che fanno parte di un percorso più articolato di consapevolezza alimentare che ci porta a voler conoscere fino in fondo quello che sarà il carburante – il nutrimento – del nostro organismo.
Se allargassimo però la nostra prospettiva ci accorgeremmo che ci sono due fasi alle quali, in genere, non si dedica sufficiente attenzione. Una ha a che vedere con l’origine stessa di quel che mangiamo ancor prima che diventi cibo: tutto, infatti, ha origine nel seme. L’altra riguarda invece la conclusione del ciclo di vita di ogni alimento, che purtroppo spesso, troppo spesso, finisce nella spazzatura.
Tutto ha origine in un seme, un piccolo granello in grado di custodire le potenzialità di una vita intera, quella della pianta, ma anche di divenire parte di quel nutrimento che permette la nostra stessa sopravvivenza. Sprecare il cibo significa non solo mancare di rispetto alle moltitudini di persone che ogni giorno soffrono la fame, ma anche alla terra che ci ospita e a tutti coloro che, con fatica e impegno, ogni giorno se ne prendono cura.
Secondo i dati diffusi da Too Good To Go sono infatti 2,5 miliardi le tonnellate degli sprechi alimentari nel mondo: un quantitativo impressionante se si pensa che nel 2023 esiste ancora una grande fetta di popolazione mondiale che non ha accesso al cibo o il cui nutrimento è qualitativamente e quantitativamente insufficiente. E oltre a un costo “umano” dobbiamo pensare anche al costo ambientale: il 10% delle emissioni di gas effetto serra a livello globale può essere attribuito agli sprechi alimentari.
Prestare attenzione all’origine del cibo, fin dal seme, dovrebbe andare di pari passo con l’impegno di evitare lo spreco del cibo stesso. Fare la spesa in modo consapevole, acquistando solo ciò che è effettivamente necessario e riducendo gli sprechi è uno di quei piccoli gesti alla portata di tutti: piccole azioni di oggi per custodire il futuro delle nuove generazioni.
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